Dove sono le ragioni del sì? La "Tav in Val di Susa" nella società della conoscenza

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Autore: Antonio G. Calafati - 2006 - ISBN 88-86618-51-4 - SEB27

Antonio G. Calafati Dove sono le ragioni del sì? La "Tav in Val di Susa" nella società della conoscenza Edizioni SEB 27 Laissez-passer - 10 ISSN 1973-0101 Formato: 14x21 Pagine: 104 Anno: 2006 ISBN: 88-86618-51-4 Prezzo: €10,00 UN'ATTENTA CRITICA AL SISTEMA DELL'INFORMAZIONE IN ITALIA Cercare, insieme agli studenti di un corso di “Analisi delle Politiche Pubbliche”, le ragioni del sì alla Tav in Val di Susa nei principali quotidiani italiani, certi di trovarle. Magari solo delineate, abbozzate, con le approssimazioni che la comunicazione giornalistica non può evitare. Cercarle leggendo, con attenzione, editoriali e corsivi, interviste e cronache. Cercarle con determinazione, ma non trovare niente, niente che assomigli a una ragione, a una argomentazione razionale. Accorgersi, prima sorpresi e poi sconcertati, dell’incapacità di giornalisti e politici di organizzare un pensiero sul tema della Tav in Val di Susa che abbia un significato, una logica, un senso. Accorgersi di come giornalisti e politici siano, tuttavia, a favore dell’opera – risolutamente, ostinatamente, inspiegabilmente. Iniziare cercando le ragioni del sì alla Tav in Val di Susa e terminare riflettendo, sconfortati, su che cosa possa essere accaduto ai nostri maggiori quotidiani. Giungere a pensare che, forse, il declino italiano nasce da qui, da questa incapacità del giornalismo italiano di fornire un resoconto attendibile, pertinente e fondato, degli effetti delle politiche pubbliche. Un giornalismo che ci impedisce di pensare collettivamente. ANTONIO G. CALAFATI Docente di “Economia Urbana” e di “Analisi delle Politiche Pubbliche” presso la Facoltà di Economia “Giorgio Fuà” dell’Università Politecnica delle Marche (Ancona) e presso l’Università “Friedrich Schiller” di Jena. • Tav: dove sono le ragioni del sì? [Stefano Lucarelli, “il manifesto”, 28 aprile 2006] Sono molti i segnali di debolezza di cui sono accusati gli organi di informazione italiana. Attentare al diritto dell'informazione è deplorevole di per sé, ma diviene ancora più grave nella società della conoscenza. È allora utile sottoporsi all'esercizio che l'economista Antonio Calafati presenta nel suo “Dove sono le ragioni del sì?” dedicato alle riflessioni sulla «Tav in Val di Susa», o meglio all'analisi delle procedure di decisione su cui questo progetto si fonda. La discussione sulla Lione-Torino è qui intesa come un'opportunità per riflettere sul futuro economico dell'Italia. Ci si interroga sulla pertinenza e la fondatezza di un grande e rischioso progetto che modifica nel profondo la struttura economica di un territorio, nella convinzione che sia fondamentale per i cittadini di una democrazia interrogare i decisori collettivi (le istituzioni); è ancora più importante che i decisori collettivi (anche attraverso gli organi di informazione) diano risposte fondate L'esercizio svolto conduce ad una conclusione sconfortante: i giornalisti e i politici dimostrano di essere tutti a favore dell'opera ostinatamente,ma senza offrire reali spiegazioni. Appaiono lontani anni luce da un'analisi delle politiche pubbliche. Così il chiarimento delle ragioni del sì sono affidate a passaggi rapidi in cui si suggerisce il nesso causale tra la realizzazione dell'opera ferroviaria ad alta velocità Lione-Torino e lo sviluppo dell'intera area del Nord-Ovest. Passaggi rapidi che diventano persino argomenti centrali per la campagna elettorale del sindaco torinese (ma – si chiede l'autore – il tema Tav appartiene al campo decisionale del sindaco di Torino?). Passaggi poco riflettuti che costituiscono le basi per articoli farseschi in cui il movimento anti Tav viene paragonato ad una tribù di pellerossa che assalta un treno; parole non pensate come «modello di ecologia sostenibile»; e così via fino al governatore della Regione Piemonte che usa termini non consoni al suo ruolo istituzionali: «si mettano il cuore in pace, la Tav si realizzerà». Calafati invita a interrogarsi sul senso di una politica di sviluppo economico per l'economia del Nord Ovest: quali vantaggi economici per questi territori possono derivare da una riduzione abbastanza limitata dei tempi di trasporto a partire dal 2020? Da economista egli suggerisce di ragionare con un pre-giudizio di razionalità per analizzare tanto le decisioni politiche imposte dalle istituzioni, quanto le ragioni del no sollevato dai cittadini della Val di Susa: «L'economista sa che un'opera come quella programmata in Val di Susa nella fase di attuazione (almeno 15 anni) e nella fase di funzionamento (tre generazioni a partire da ora) determinerà dei costi sociali. Sarebbe un miracolo se non li determinasse... L'economista pensa che il no alla Tav, sia la conseguenza di un processo di negoziazione che non è iniziato». La prima conclusione dell'esercizio proposto è che non è possibile dimostrare la razionalità del progetto Tav senza individuare il contesto di riferimento. Quest'ultimo sta in un'affermazione spesso ribadita in questi giorni anche da autorevoli esponenti del centro sinistra: trasformare l'Italia nella piattaforma logistica d'Europa. Su queste parole andrebbe svolto un nuovo esercizio analitico. Calafati lo comincia dando un senso a queste parole: diventare la piattaforma logistica d'Europa significa progettare un faraonico programma infrastrutturale per vedere transitare le merci attraverso il nostro territorio, pensando di trarre da questo transito benefici economici collettivi. E se questo fosse un blocco cognitivo? Calafati ci lascia con un terribile sospetto: forse il declino italiano nasce proprio da questa incapacità di fornire un resoconto attendibile, pertinente e fondato, degli effetti delle politiche pubbliche. Che anche questo sia compito dei movimenti?

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