Arturo Paschi dalla lotta antifascista alla cattura, alla fuga in Svizzera, al ritorno in patria, fra speranze e amarezze Rossella Paschi tesse il proprio romanzo, la propria storia, attraverso la rimembranza della figura del padre, Arturo, punto di riferimento costante della narrazione, ma anche filtro della "triestinità": di quella società borghese anticonformista, colta, propria del milieu ebraico, e allo stesso tempo punto di forza di un certo modo di essere delle donne e degli uomini giuliani impegnati nella vita politica, culturale, letteraria locale e nazionale del Novecento. Due fils rouges, dunque: le vicende umane del singolo personaggio Arturo, mosse sullo sfondo degli anni della Shoah; e tutta una collettività, colorita di figure tracciate in punta di penna, da quelle più strettamente familiari, unite da un vincolo parentale, a quelle allargate alla vita e al mondo triestino, alla città Trieste, ma sempre inserite in un contesto di relazioni più ampie, anche internazionali. Così i riferimenti documentali alle lettere; ai carteggi; alle citazioni di libri; agli interventi politici legati alle idee e ai leader socialisti; ai movimenti antifascisti; ai protagonisti della società civile; agli intellettuali; e ancora alle situazioni storiche del difficile lungo dopoguerra giuliano negli anni della Guerra Fredda, quando la Venezia Giulia, posta sotto il Governo Militare Alleato, stava al confine col "mondo slavo e comunista", era un baluardo di "iper"-italianità, in un territorio conteso sotto il profilo delle nazionalità e delle ideologie contrapposte: sono vere e proprie parti storiche, ricostruite anche con le parole scritte, o attraverso i giudizi espressi e raccolti oralmente, mai neutrali, sempre pensati, maturi, sofferti. Questo libro costituisce motivo di continue sorprese, fonte ricca di apprendimenti che si rapportano sempre a un profondo senso di umanità.
