Il disagio dell'inciviltà. Forme contemporanee del dominio

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Autori: Piero Coppo, Stefania Consigliere, Simona Paravagna - 2008 - ISBN 88-86345-90-9 - Colibrì

Quando l'apertura rivoluzionaria che ha segnato l'Occidente alla fine degli anni '60 comincia a chiudersi, Piero Coppo, che a quella stagione aveva partecipato nel gruppo Ludd-Consigli proletari insieme a Cesarano, Ginosa, Fallisi e altri, scrive un testo la cui terza versione, apparsa nel 1980 e ristampata da Nautilus nel 2006, porta il titolo Psicopatologia del nonvissuto quotidiano. Omaggio e beffa a uno dei padri della disciplina in cui si è formato (Coppo è medico, neuropsichiatra e psicoterapeuta) il testo è al contempo una affermazione della necessità dell'insorgenza della vita e un tentativo di sopravvivere al ripiegamento e alla restaurazione evitando le trappole di ricaptazione. Altri luoghi, e forme diverse dello stare al mondo (una lunga esperienza, quasi un esilio, in una società rurale africana), aiuteranno poi Coppo nell'impresa di sopravvivere dopo la sconfitta di ciò che per un "lungo attimo" era stato possibile vivere. Nel suo contributo a questo libro (Benvenuti nel regno della paranoia), Coppo dà continuità a quel testo, aggiornandolo, ma anche criticandone, da luoghi e tempi dove "il terribile è già accaduto", ciò che oggi e da qui appare come una speranza, un cedimento alla illusione, un appiglio utile per continuare a esserci, che ha però i tratti più di una ideologia consolatoria che di una teoria. Nello stesso tempo, propone di utilizzare altri strumenti, altri modi di pensare, altre prospettive per non restare accecati dalla decomposizione che ci circonda. Stefania Consigliere e Simona Paravagna (che portano a questo libro il loro contributo: Da dentro: relazioni con il possibile) appartengono a un'altra generazione. Nascono e crescono in Italia dentro il modello generalizzato negli anni Ottanta, mentre l'Occidente, e tendenzialmente il mondo intero, segue le linee di sviluppo già previste dai teorici più attenti della generazione precedente. Società dello spettacolo e dominio reale del capitale sono poi negli anni Novanta l'ambiente "naturale" in cui avvengono ed evolvono, nei paesi più avanzati in questo processo, gli umani. In questo ambiente, non solo la macchina del capitale spettacolare è stata in grado di catturare, proponendone una soddisfazione spettrale, ciò che animava l'ultima emergenza rivoluzionaria ("tutto subito", "la fantasia al potere" ecc.), ma ha anche perfezionato il divenire macchina dell'umano, operando per inverare quella mutazione antropologica, l'"utopia del capitale", dalla quale dovrebbero generarsi i neo-umani: incapaci, nelle condizioni presenti, di pensare o desiderare alcunché di diverso. Questa ricaptazione spettacolare di tutte le istanze, unita al dispiego massiccio di "piaceri" sostitutivi, è l'orizzonte della forma-di-vita dell'Occidente contemporaneo: il godimento come astrazione dalla vita, l'autonomia dell'individuo come frammentazione di sé e rescissione dal mondo. Salvo brevi squarci, intensi: Seattle, Genova. Poi, il fumo che si sprigiona dalle torri esplose del mercato mondiale incupisce l'orizzonte, e là dove non può più aver corso il "godimento" si installa, e viene nutrita, la paranoia. L'orizzonte è dunque totalmente occluso? Da dentro, qui e ora, nel punto più avanzato del dominio del capitale spettacolare integrato, sussistono e sono visibili eccedenze irriducibili all'addomesticamento e alla omologazione? E, eventualmente, cosa accade di esse, e come sarebbe possibile nutrirle e proteggerle? Il libro, al di là dei suoi contenuti specifici, dimostra intanto una cosa: che la cesura tra generazioni, la soppressione della memoria e della storia necessarie al dominio per poter riproporre continuamente il vecchio come nuovo, in questo caso è stata inceppata. I due testi si tengono, spesso utilizzano le stesse fonti; si articolano l'uno con l'altro a dimostrare insieme la necessaria continuità e la possibilità di mettere a frutto ciò che, invece, il dominio vorrebbe separare, isolare per seppellire, denaturare per poterlo reciclare, trasformandolo nel suo contrario. Se sembra necessario ricominciare da capo, non è perché siamo condannati, come Sisifo, alla coazione, o per solidarietà con i cicli delle merci; ma perché, al pari della vita che nasce, le istanze comuni a tutte le generazioni emergono ogni volta vecchissime (come vecchi sembrano i visi arricciati dei nuovi nati) e ogni volta totalmente nuove.

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