Atti del Convegno. Valborbera 1943-1945

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Tasse incluse

AA.VV. - 2001 - ISBN 88-86345-37-2 - Colibrì

Cronache e testimonianze di libertà e di solidarietà internazionale. ANPI sezione Valborbera

La Sezione ANPI Valdobrera “Pinan”, in collaborazione con il Centro di Documentazione del Comune di Rocchetta Ligure, ha organizzato questo convegno portando avanti una linea di studio e di approfondimento della guerra partigiana nella Valle Scrivia, culminata con l'organizzazione di una «zona libera» che si consolidò per quasi tutto l'ultimo anno di guerra. In queste pagine vengono documentati gli atti del convegno. «Il primo modo, il più semplice, di screditare la Resistenza consiste nel dire che il movimento partigiano fu militarmente irrilevante e che gli Alleati avrebbero vinto anche senza il suo apporto. Quest'ultima è un'affermazione tanto ovvia da essere superflua, ma non è la stessa cosa della prima, che anzi è falsa. Il movimento partigiano fu – anche solo dallo stretto punto di vista militare – un tassello della guerra contro i nazisti [...]. Questa è una verità che le stesse fonti tedesche (per esempio documenti della Wehrmacht), riprese ormai da numerosi studi, hanno più volte ribadito. Un altro modo per screditare la resistenza consiste nell'affermare che fu un fenomeno di élite, che coinvolse un sottilissimo strato di popolazione lasciando indifferente o estranea o ostile la stragrande maggioranza [...] mi sono stupito e sono stato pieno di ammirazione per questo fenomeno: circa cinquantamila operai genovesi che, in un modo e nell'altro, sono stati coinvolti nelle lotte della Resistenza. [...] Dunque non si tratta di un'élite: queste sono masse operaie che non fanno scelte speciali sulla base di speciali motivazioni, ma sotto la pressione degli avvenimenti si muovono, si espongono e in ultima analisi si schierano. Già sotto questo aspetto, il tema della Resistenza come fatto elitàrio può essere messo in discussione. [...] non possiamo creare un mito del rapporto della popolazione con il movimento partigiano, però dobbiamo pur ricordare che, comunque sia, dal settembre del '43 all'aprile del '45 molta gente ha capito, è cresciuta, ha guardato con i propri occhi [...] La lezione non fu plebiscitaria, ma certo coinvolse una grande maggioranza e produsse perciò risultati alla lunga irreversibili. L'ultimo stadio di questa operazione di denigrazione del patrimonio storico della Resistenza è consistito nel dire che non solo l'antifascismo attivo era irrilevante militarmente e minoritario, ma aveva un carattere in un certo senso fazioso, ossia non aveva legittimità universale. [...] Ed è qui che si colloca anche questa faccenda del sentimento della “pietas” che bisogna nutrire verso tutti coloro che sono morti, da qualunque parte combattessero. Figuriamoci se dal punto di vista umano e anche religioso non si deve esercitare questa “pietas”. Ma questo non può fondare un giudizio storico e quindi non può autorizzare a mettere sullo stesso piano chi combatteva per una causa che se fosse stata vittoriosa avrebbe condotto ad un ordine europeo dominato dall'hitlerismo, agli stati razziali costruiti sulla base dell' idea etnica del dominio e dello sterminio, e coloro che invece combattevano per un'idea – ancorché vaga, incerta e persino contraddittoria – di libertà [...].»Antonio Gibelli

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